Le diverse avanguardie della Russia a confronto

Il Gazzettino - 14 ottobre 2017

Le diverse avanguardie della Russia a confronto

L’ottantenne Sofia Gubaidulina e tre giovani esordienti disegnano il rapporto fra tradizione e modernità

“Ecco i russi a Venezia distribuiti in due concerti: l’ottantenne Sofia Gubaidulina, e tre musicisti poco più che esordienti. Schiacciante la preminenza della celebre compositrice. Nel recentissimo “Fachwerk” per bayan (fisarmonica), archi e percussioni, riprende la sua prediletta tematica etico-mistica. È singolare in quest’artista l’incontro tra avanguardia europea e forti suggestioni etniche. Grazie al bayan, lo strumento amato, esalta le ascendenze popolari autoctoni con sorprendente energia e coinvolgimento emozionale. Trascorre, senza pregiudizi ideologici, da diatonico a cromatismo, da aperti melodismi a gesti materici, da terrestri accensioni a trasfigurazioni spirituali. Le nuove voci compositore dei trentenni Popov, Shirokov e Khubeev rivelano invece un’ingenua e tumultuosa assimilazione delle mode occidentali degli anni 70-80.
Emerge in questa Biennale il virtuosismo solistico dei flautisti Caroli e Lotti, dei violinisti Arditti e Porta, del pianista Longobardi, del percussionista Beneventi. Mario Caroli a Ca’ Giustinian impressiona per il prodigioso controllo strumentale e la creatività della ricerca timbrica. Propone impeccabili miniature flautistiche di Salvatore Sciarrino e di Bryan Ferneyhough sottolineandone le opposte inclinazioni: del compositore palermitano evoca le arcane lontananze o la tensione del suono incognito; del compositore inglese la nostalgia della classicità, anche attraverso il radicalismo della scrittura.
Federica Lotti, con Alvise Vidolin alla regia del suono, presenta felicemente al Conservatorio con versatile sicurezza tre prime di rilievo. Claudio Ambrosini nello straordinario “Classifying the Thousand Shortest Sounds in the World” sembra ritrovare l’illusione fantasmatica dei capricci e delle stravaganze di una venezianità sommersa. È un ritorno alla sua prima maniera, ma con una rinnovata disciplina formale. Luigi Sammarchi inventa “Alle tacenti stelle” un intenso incontro tra voce, flauto e elettronica. Agostino Di Scipio in “Per la meccanica dei flauti” è più apertamente sperimentale e tende a occultare con l’elettronica la voce del flauto.”

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